News / Fisco e consulenza aziendale - lunedì 09 dic 2019 | A cura dell'Ufficio Stampa
Il Consiglio dell’Unione Europea ha introdotto a fine 2018, con alcuni interventi normativi (Direttiva n.2018/1910/CE e Regolamento UE n.2018/1912) una serie di soluzioni rapide (cosiddette “quick fixes”), che in parte modificheranno dal 1° gennaio 2020 la discipila degli scambi in ambito intracomunitario.
Le novità riguardano:
Di seguito verranno trattati i primi due punti, per i restanti l’Associazione resta a disposizione per specifici chiarimenti e approfondimenti.
Rilevanza del numero di identificazione Iva nelle operazioni comunitarie e iscrizione al VIES
La nuova formulazione dell’art. 138 della Direttiva Iva chiarisce che ai fini dell’applicabilità della non imponibilità nelle operazioni comunitarie l’inserimento del numero di identificazione iva dell’acquirente nel sistema di scambio di informazioni sull’Iva (Vies), assegnato da uno stato membro diverso da quello in cui ha inizio il trasporto dei beni, diventa una condizione sostanziale per l’applicazione della non imponibilità anziché un requisito formale. Il nuovo aticolo 138, quindi, pone fine ai dubbi interpretativi sorti in merito alla valenza del Vies nelle operazioni comunitarie.
In realtà, a livello comunitario, la Corte di giustizia ha da sempre ritenuto l’iscrizione dell’acquirente nel Vies un requisito formale per l’applicazione della non imponibilità mentre, l’Agenzia delle Entrate l’ha ritenuto un requisito sostanziale (circ.n.39 del 1° aprile 2011 e ris.n.42 del 27 aprile 2012). Solo recentemente, durante un videoforum di Italia Oggi del 23 gennaio 2019, l’Agenzia delle Entrate è tornata sui propri passi e ha riconosciuto la valenza formale del Vies ricordando però che con la nuova disposizione che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2020 il Vies diverrà requisito sostanziale per considerare una cessione comunitaria come non imponibile.
Infine nel nuovo articolo 138 della direttiva Iva si prevede che la non imponibilità non si applicherà qualora il cedente non abbia rispettato gli obblighi di presentazione degli elenchi Intrastat con l’indicazione della cessione ovvero se è stato presentato un modello che non riporta dati corretti riguardante la cessione.
Regime delle prove nell’ambito delle cessioni intracomunitarie
Con il nuovo articolo 45-bis del Regolamento di esecuzione n.282/2011, vengono introdotte disposizioni di attuazione volte a semplificare la prova del trasferimento materiale dei beni oggetto di cessione intracomunitaria. Sul punto, il mancato accordo sull’istituzione della figura del “soggetto passivo certificato” ai fini dell’Iva ha portato al ridimensionamento delle semplificazioni che aveva proposto la Commissione europea ed all’elaborazione di disposizioni alquanto contorte.
Come noto, la condizione sostanziale più rilevante per applicare la non imponibilità nelle cessioni comunitarie è rappresentata dall’avvenuto trasporto della merce nello stato membro del’acquirente. Su questo tema a livello italiano vi sono stati numerosi documenti di prassi, da ultimo la risposta n.100 dell’8 aprile 2019 dell’Agenzia delle Entrate, con la quale si precisa che la procedura indicatarisulta conforme a quanto previsto dal recente Regolamento del 4 dicembre 2018, n.2018/1912/UE.
Il nuovo regolamento comunitario, comunque, offre un quadro non del tutto semplice per la prova della consegna, richiedendo a seconda di chi si occupa del trasporto almeno due prove da individuare tra un elenco di documenti e soprattutto lascia la possibilità alle amministrazioni finanziarie di confutare le suddette prove.
In pratica, al paragrafo 3 dell’art.45-bis sono previsti due distinti tipi di prove:
Ø Elementi di prova di cui alla lettera a):
· documento o lettera CMR riportante la firma (si ritiene che si faccia riferimento alla firma del trasportatore che ha preso in carico la merce);
· polizza di carico;
· fattura di trasporto aereo;
· fattura emessa dallo spedizioniere.
Ø Elementi di prova di cui alla lettera b):
· polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o del trasporto dei beni;
· documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
· ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale stato membro.
L’articolo 45 bis del Regolamento prevede che debbano essere fornite prove diverse a seconda di chi effettua il trasporto, ovvero a seconda che i beni:
Ø vengano spediti o trasportati dal venditore (o da un terzo per suo conto);
oppure
Ø vengano spediti o trasportati dall’acquirente (o da un terzo per suo conto).
In particolare:
Ø Nel caso in cui i beni siano trasportati dal venditore (o da un terzo per suo conto), al fine di provare l’effettivo trasferimento fisico della merce il cedente deve essere in possesso di:
· almeno due elementi di prova di cui al gruppo a);
oppure
· di uno qualsiasi degli elementi di prova del gruppo a) in combinazione con uno qualsiasi dei singoli elementi di prova di cui al gruppo b).
Ø Nel caso in cui i beni siano trasportati dall’acquirente (o da un terzo per suo conto) è necessario prima di tutto che venga rilasciata dal cessionario una dichiarazione con la quale il cliente certifichi che la merce è giunta nel Paese di destinazione.
Tale dichiarazione, che deve essere fornita dal venditore entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, costituisce un elemento di prova necessario ma non ancora sufficiente, in quanto il venditore dovrà essere in possesso anche di:
· almeno due elementi di prova di cui al gruppo a);
oppure
· di uno qualsiasi dei singoli elementi di cui al gruppo a) in combinazione con uno qualsiasi dei singoli elementi di prova di cui al gruppo b).
Gli uffici fiscali dell’Associazione restano a disposizione per ulteriori chiarimenti.
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