News / Credito e incentivi - lunedì 04 gen 2021 | A cura dell'Ufficio Stampa
L’Abi, Confartigianato, e tutte le altre associazioni, hanno inviato congiuntamente e unanimemente, alle Istituzioni europee una lettera in cui è contenuta una forte richiesta di intervenire urgentemente su alcune norme in materia bancaria che, pensate in un contesto completamente diverso da quello attuale e caratterizzate da un eccesso di automatismi, rischiano di compromettere irrimediabilmente le prospettive di recupero dell’economia italiana ed europea.
Di fronte ad una emergenza straordinaria come quella attuale, è indispensabile andare oltre gli schemi del passato e avere una capacità di visione che consenta di concentrare gli sforzi di tutti verso il comune obiettivo della ripresa.
Il credito ha assunto e assume un ruolo cruciale, nelle fasi più acute della crisi, per assicurare la necessaria liquidità alle imprese, pesantemente penalizzate dagli effetti della pandemia. Altrettanto essenziale, se non di più, sarà il supporto del credito nella fase successiva, per sostenere le imprese nel percorso di ripristino delle condizioni di economicità delle loro attività, considerate le condizioni di incertezza che potrebbero protrarsi per un lungo periodo.
Nella prima fase della pandemia le istituzioni nazionali ed europee hanno messo in atto una serie di misure mirate soprattutto ad affrontare l’emergenza.
Tuttavia, occorre che una serie di criticità nel quadro regolamentare bancario siano superate per evitare crisi irreversibili per effetto degli automatismi incorporati in alcune norme di primo e secondo livello che potrebbero produrre una contrazione dell’offerta di credito.
È necessario procedere immediatamente ad alcune modifiche ed adattamenti temporanei, che consentano alle banche di offrire il massimo supporto all’economia reale, condizione per la tenuta del tessuto produttivo.
È urgente intervenire sulle regole relative all’identificazione dei debitori come deteriorati (c.d. “definizione di default”). Una norma restrittiva, come quella che limita a 90 giorni il periodo di ritardo di pagamento ammesso e l’applicazione, da gennaio 2021, di nuove e più restrittive soglie per gli importi scaduti, nonché i nuovi criteri per il trattamento dei crediti ristrutturati, rischiano di determinare la classificazione “in default” di un numero altissimo di imprese, comunque sane. Queste imprese vedrebbero compromesso l’accesso al credito, con conseguenze immaginabili, in termini di prospettive di ripresa.
È indispensabile evitare che, alla classificazione di un credito come deteriorato, consegua in tempi troppo stretti e predeterminati l’imposizione di coperture a carico delle banche fino all’annullamento del valore del credito (c.d. “calendar provisioning”). Un approccio di questo tipo, in genere, induce le banche a restringere i criteri di concessione del credito e rappresenta un incentivo perverso in favore del meccanismo della cessione del credito, al primo segno di deterioramento, al di fuori del circuito del mercato bancario regolamentato, invece di incoraggiare la banca ad accompagnare il cliente in un percorso di ristrutturazione. Queste norme debbono tenere conto dei rallentamenti, osservati in tutta Europa, nell’attività giudiziaria conseguenti alla crisi pandemica.
Sono indispensabili una serie di aggiustamenti mirati alle norme relative agli effetti delle operazioni di cessione di crediti deteriorati, alle cartolarizzazioni, al trattamento degli NPL acquistati dalle banche, per consentire una gestione meno traumatica da parte delle banche di quella quota di esposizioni che andranno comunque in default. Una corretta valorizzazione dei crediti è infatti nell’interesse non solo delle banche ma anche delle imprese.
L’eccezionale severità della crisi richiede di intervenire con tempestività e pragmatismo, attivando tutti gli strumenti necessari per limitare le conseguenze economiche e sociali. I problemi citati e le proposte condivise.
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