Sono state presentate alla Regione Emilia Romagna, nel corso di una videoconferenza alla quale hanno partecipato anche il Presidente Stefano Bonaccini e gli Assessori allo Sviluppo Economico Colla e alle Infrastrutture e al Turismo Corsini, le proposte delle Associazioni regionali dell'Artigianato e della Piccola e media impresa sul tema della destinazione dei fondi del Next Generation Eu – Recovery and Resilience Fund. Un lavoro di progettazione congiunto che ha permesso a Confartigianato e Cna dell'Emilia Romagna di anticipare i tempi richiesti dall’Unione europea e dal Governo, portando al sistema politico-amministrativo i bisogni da cogliere per non perdere questa grande occasione.
La sintesi del documento sul Recovery Fund presentato alla Regione Emilia-Romagna:
In premessa è stato indicato come non sia assolutamente accettabile che nel Piano italiano venga indicata la ridotta dimensione media delle imprese tra le cause dell’insufficiente crescita italiana. Si tratta di un pregiudizio ampiamente smentito dai fatti: ad esempio, nel settore manifatturiero proprio l’Italia, tra il 2015 e il 2019, ha registrato una crescita del valore aggiunto del 7,6%, ben superiore a quella di Germania e Francia che hanno imprese mediamente più grandi rispetto al nostro Paese.
Il problema dell’Italia non sono i piccoli imprenditori ma l’ambiente che li circonda. Quello che deve cambiare sono le condizioni di un habitat nazionale poco favorevole all’iniziativa economica, sia essa micro, piccola, media o grande. Quindi il futuro economico e sociale del Paese dipende anche dalla capacità di investire sugli artigiani, sulle micro e piccole imprese, sui professionisti. Il nostro Paese deve rappresentare un ecosistema favorevole per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali, in cui passaggio generazionale e trasmissione di impresa diventino prassi buone e diffuse, una Paese che sappia richiamare nuovi business, attrarre imprese e imprenditori innovativi, così come tutelare e sostenere i mestieri più tradizionali che hanno reso il Made in Italy un valore unico e distintivo.
Le richieste delle Associazioni per il Recovery Fund:
Il Recovery Plan è l’occasione per accompagnare le micro e piccole imprese nella nuova economia post Covid.
A partire dall’abbattimento della burocrazia. Il successo delle misure del Piano per far ripartire l’economia dipende da rapidità di progettazione, efficienza nella gestione e attuazione amministrativa, accessibilità immediata per le piccole imprese.
È necessario colmare il divario infrastrutturale accumulato nei decenni, che penalizza i territori e la loro competitività. Si attendono investimenti in infrastrutture materiali e immateriali di collegamento delle persone, delle merci e delle informazioni, puntando sugli appalti ‘a Km zero’ e sugli incentivi, come il Superbonus 110%, per la riqualificazione del patrimonio edilizio che vanno resi stabili.
È strategico un piano di riconversione e recupero degli edifici esistenti sia pubblici che privati che creerebbe opportunità di lavoro per centinaia di imprese del territorio.
Lavoro, impresa
Le micro, piccole e medie imprese, gli artigiani e i professionisti non aspettano altro che segnali concreti per rimettersi in moto sia con misure strutturali di riduzione della pressione fiscale e semplificazione degli adempimenti burocratici, sia facilitandone l’accesso a nuovi strumenti di finanza d’impresa, alla ricerca e ai progetti di innovazione digitale e tecnologica, di transizione ecologica e di internazionalizzazione.
Il 66% delle piccole imprese italiane sono da tempo impegnate in azioni ‘green’ finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività. Il Recovery Plan e il Ministero della Transizione ecologica rappresentano una grande opportunità per valorizzare questa propensione, rendendo i piccoli imprenditori protagonisti della ‘rivoluzione verde’.
Deve essere introdotto un accesso reale e praticabile per le piccole imprese ai tecnopoli e ai centri di ricerca, deve poter essere sviluppata una collaborazione che sia in grado di trasmettere e comunicare le potenzialità di tale cooperazione, anche attraverso una maggiore disponibilità da parte del mondo della ricerca a rilevare i bisogni delle piccole imprese.
Occorre avviarsi nella direzione della territorializzazione delle politiche attive del lavoro e della programmazione della formazione per una maggiore efficacia delle azioni realizzate (occupabilità e qualificazione dei lavoratori). Si ribadisce il parere negativo a un unico ammortizzatore sociale identico per tutti i settori. L’ammortizzatore è una forma di sostegno all’impresa e ai lavoratori nei momenti di crisi congiunturale e deve essere calibrato sulla dimensione dell’impresa. Riformare gli ammortizzatori e proporre un ammortizzatore unico, basandosi sull’utilizzo degli stessi nel periodo della pandemia, è profondamente scorretto e distorsivo. Le imprese artigiane dal 2018 hanno un ammortizzatore di riferimento universale, FSBA che è calibrato sulla dimensione dell’impresa artigiana. L’ammortizzatore unico indifferenziato ha il solo scopo di favorire la grande impresa.
Alle misure emergenziali a sostegno delle imprese colpite dalle restrizioni imposte dalla pandemia vanno fatti seguire rapidamente nuovi interventi strutturali: riduzione della pressione fiscale sui redditi Irpef e snellimento degli adempimenti tributari, riforma della PA all’insegna della semplificazione e della gestione manageriale al servizio dei cittadini.
Formazione e Cultura
L’importanza della formazione non deve essere solo una dichiarazione ma un fatto. Da un lato deve essere ripreso in modo adeguato il tema del rapporto tra scuola e lavoro. Occorre sviluppare politiche di rilancio della formazione tecnica e professionale dei giovani, interventi per il trasferimento d’impresa e di competenze, a cominciare dall’Apprendistato quale canale privilegiato di ingresso nel mondo del lavoro.
Percorsi di formazione dedicata agli occupati per migliorare e aggiornare le loro competenze, soprattutto in una fase di profonda trasformazione tecnologica, favorendo così la loro occupabilità nell’intero corso della vita lavorativa. Allo stesso modo non deve essere trascurata la possibilità della formazione per imprenditori e professionisti: in un mondo che cambia in continuazione, questi tipi di investimenti non possono essere lasciati alla buona volontà della scelta imprenditoriale.
Deve essere confermata l’importanza di modelli di formazione tecnica terziaria che vedono il coinvolgimento delle imprese nella costruzione del percorso formativo, come gli ITS, Istituti Tecnici Superiori, perché sono un bacino fondamentale per reperire personale specializzato e competente.
Transizione ecologica
Occorrono incentivi per la collaborazione tra enti di ricerca pubblici e micro e piccole imprese e per favorire le reti di imprese favorendo l’attuazione degli obiettivi dettati dai piani dell’economia circolare e della transizione ecologica.
Sono necessari maggiori fondi per il rinnovo e l’ammodernamento del parco veicolare dell’autotrasporto commerciale e una migliore diffusione dei combustibili alternativi a quelli tradizionali. Infine, occorre prevedere incentivi per le aziende che usano imballaggi o packaging volti all’eliminazione della plastica anche in recepimento della direttiva europea. In particolare, sarebbe importante sostenere e incentivare quelle imprese del turismo con attività di ristorazione e attività di asporto che sostengono costi relativi agli imballaggi non in plastica molto superiori rispetto all’utilizzo di imballaggi di plastica.
In Emilia-Romagna strategico il Patto per il Lavoro e per il Clima nel Recovery Fund
Lo strumento del Patto per il Lavoro e per il Clima si delinea come ideale punto di confronto e di sintesi per il percorso di ricostruzione e cambiamento. Per Confartigianato e Cna dell’Emilia-Romagna occorre aumentare la competitività e operare per ridurre le disuguaglianze territoriali, economiche e sociali, sperimentando azioni e progetti che si caratterizzino per un elevato livello di innovazione sociale, e individuando azioni volte alla transizione digitale, alla transizione ecologica e alla gestione della questione demografica.
Le conclusioni del documento sul Recovery Fund
Il documento delle due Federazioni regionali si conclude con un lungo e articolato focus tematico con concrete proposte per ciascuna area di intervento:
• Mobilità
• Digitalizzazione
• Turismo e Fiere
• Artigianato
• Tradizione artistica e manifatturiera
• Energie rinnovabili
“Siamo grati alla Regione per aver ascoltato le nostre richieste, averci posto domande che guardano al futuro dell’artigianato e aver accolto il nostro documento di sintesi sul Recovery Fund – ha spiegato Davide Servadei, presidente di Confartigianato Emilia-Romagna -. Un documento nato grazie a un percorso di condivisione fatto con CNA, che ci ha permesso di raccogliere e sintetizzare tutte le istanze e le richieste del mondo artigiano. Sono convinto che solo così, grazie a un confronto sereno e propositivo fra le Associazioni, si possa perseguire il bene della categoria, senza vincoli di appartenenza o ‘quartiere’ e dando un segnale univoco, e per questo più forte, all’interlocutore istituzionale”.
“Un presupposto che riteniamo centrale ed essenziale per la ripartenza del nostro Paese è che si proceda a un cambiamento dell’ambiente che circonda il ‘fare impresa” in Italia, a prescindere dalle dimensioni – ha commentato Amilcare Renzi, segretario di Confartigianato Emilia-Romagna -. Il futuro economico e sociale del Paese dipenderà sempre più dalla capacità di investire sulle piccole imprese a valore artigiano. Realtà che uniscono sostenibilità sociale, economica e ambientale e che non possono più essere bloccate da una burocrazia incapace di leggere i tempi che stiamo vivendo e che ha fatto fallire tante riforme e progetti di sviluppo annunciati in questi anni”.