'Esprimiamo grande soddisfazione per l’esclusione delle piccole imprese dal Sistri, da noi a lungo richiesta e ora finalmente ottenuta. Il decreto firmato dal Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti cancella l’assurda equiparazione negli adempimenti sui rifiuti tra un piccolo artigiano o commerciante e un’impresa di maggiori dimensioni. Adesso, però, occorre proseguire verso il superamento dell’attuale sistema di tracciabilità, che complica inutilmente l’attività delle imprese, in particolar modo quelle del trasporto e della gestione dei rifiuti'.
Così, in una nota, le cinque associazioni che compongono Rete Imprese Italia commentano il decreto ministeriale che prevede l'obbligo di adesione al Sistri solo per le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi che abbiano più di 10 dipendenti.
L’esclusione delle imprese di piccola dimensione dal sistema era un atto atteso, visto che lo stesso Ministero aveva riconosciuto la validità delle nostre ragioni. Il ministro Galletti ha saputo mantenere con coerenza l’impegno assunto con le rappresentanze delle Pmi.
'Tuttavia – continua la nota di R.E TE Imprese Italia - non basta a far mutare il nostro giudizio profondamente negativo sulle attuali disposizioni del Sistri, tra cui l’interoperabilità, che hanno dimostrato troppe criticità ed inefficienze. Il sistema è scarsamente trasparente, ed è causa di pesanti e onerosi adempimenti per le imprese. Per questo auspichiamo nel prossimo incontro di poter affrontare una volta per tutte la questione Sistri nella sua interezza, a cominciare dall’esclusione anche per i piccoli trasportatori e i piccoli gestori'.
In particolare, il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, sottolinea il coraggio e la sensibilità mostrati dal Ministro dell’Ambiente Galletti che, proprio con Confartigianato, si era impegnato ad escludere artigiani e piccole imprese dall’applicazione di un sistema inutilmente complesso ed oneroso.
'Ora – aggiunge Merletti – è necessario ‘rottamare’ definitivamente il Sistri che, in questi anni, a 300.000 imprese italiane è costato 250 milioni a fronte di un sistema che non ha mai funzionato'.